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Castello di Verrès

I primi documenti che attestano l’esistenza a Verrès di un castello, di proprietà della famiglia De Verretio, risalgono al 1287, il castello assunse l’aspetto attuale nel XIV secolo ad opera di Ibleto di Challant, che volle una fortezza monoblocco, formata da un cubo di trenta metri di lato priva di torri e cinta muraria. A sola difesa dell’edificio, vi era lo spessore delle mura ed un coronamento di bertesche.


Renato di Challant, aiutato dall’architetto spagnolo Pietro de Valle, rinnovò l’apparato di difesa castello nel 1536 adattandolo alle armi da fuoco del tempo. Alla sua morte, il castello passò ai Savoia.


Nel 1661, gli armamenti furono smantellati e trasferiti al Forte di Bard per volere del duca Carlo Emanuele II.


Gli Challant riottennero il possesso della rocca nel 1696 e lo mantennero fino all’estinzione della casata, ai primi del XIX secolo.


La fortezza di Verrès era ormai un edificio decadente, del tutto privo di tetto, che era stato demolito per non pagare il canone erariale. Il recupero del castello fu reso possibile grazie all’intervento di un gruppo di intellettuali inglesi appassionati per il Medioevo, tra i quali ricordiamo Alfredo D’Andrade, che lo acquistò per conto dello stato italiano nel 1894 e Vittorio Avondo.

Il castello di Verres (AO) si erge all’imbocco della Val d’Ayas, sulla sommità di un picco roccioso dominante il borgo di Verrès.

Il castello, costruito per essere una fortezza militare, sorge su un promontorio roccioso a picco sul torrente Evançon che domina l’abitato di Verrès. Oltre ad essere di difficile accesso e facilmente difendibile, la sua posizione gli consentiva di controllare il paese sottostante, la valle centrale e la strada che sale lungo la Val d’Ayas, all’epoca importante via di comunicazione. Nel XVIII secolo lo storico valdostano Jean-Baptiste de Tillier nella sua Historique de la Vallée d’Aoste descrisse il castello di Verrès come «Et l’on peut dire sans exagération que c’est un des plus solides et plus fameux batiments qu’un vassal ait pu faire construire dans le domaine d’un prince souverain où celluy-cy tient le rang d’un des plus renommés», definendolo uno dei più solidi e più famosi edifici che un vassallo abbia potuto costruite nel dominio di un principe sovrano.

Esternamente si presenta come un austero monoblocco cubico di 30 metri di lato, circondato alla base da una cinta muraria che racchiude tutta la sommità del picco di roccia. Le pareti, dello spessore di più di 2,5 metri, sono sormontate da una fila continua di beccatelli, che nascondono una caditoia, e su di esse si aprono bifore medievali e finestre a crociera rinascimentali.

Abbiamo deciso di raggiungere il Castello a piedi partendo dal centro di Verrès, con una piacevole passeggiata che inizia da Piazza Emile Chanoux. Qui si trova una splendida scala fiorita con al centro il busto di Yblet de Challant. Da questo punto si prosegue in salita lungo una suggestiva mulattiera immersa nel verde, fino a raggiungere il bivio dove si trova il ristorante La Tour, dove abbiamo pranzato. Il tempo di percorrenza è di circa 20 minuti.

Raggiunto il ristorante, svoltiamo a sinistra, ed imbocchiamo un’altra mulattiera che, girando sotto il castello, permette di raggiungerlo in circa 10 minuti.

Il percorso del sentiero per salire al castello offre sempre alla fortezza il fianco destro. Questo era un ulteriore accorgimento per la difesa, dal momento che i soldati del tempo erano soliti portare lo scudo con la mano sinistra e quindi il destro era il fianco più esposto.

Una breve sosta, prima di arrivare al castello, per ammirare la vista panoramica su Verrès e il pittoresco paesaggio montano della Valle d’Aosta

Eccoci giunti davanti all’attuale antiporta accessibile tramite un ponte levatoio, nuove finestre cinquecentesche a crociera e nuove porte ad arco moresco. I lavori sono ricordati da una lapide in pietra situata sopra l’ingresso dell’antiporta, affiancata dagli stemmi di Renato di Challant (alla sinistra del testo) e della sua seconda moglie Mencia di Braganza:

«Arcem per excellentissimum ebailum de challant editam illustris renatus challandi comes de baufremont viriaci magni ama ville et collogniaci baro. castellionis S. marcelli yssognie valangini montisalti grane verrecii usselli etc. dominus ordinis miles ac marescallus sabaudie. intus decorauit forasque structuris bellicis (muniu)it. anno Xpi. 1536.»

«Nell’anno di Cristo 1536, l’illustre Conte di Challant Renato, Barone di Beaufremont, di Virieu-le-Grand, di Aymavilles e di Coligny, Signore di Châtillon, di Saint Marcel, di Issogne e di Valangin, di Montalto Dora, di Graines, di Verrès e di Ussel, cavaliere dell’Ordine dell’Annunziata e maresciallo di Savoia, abbellì questa fortezza edificata da Ebalo di Challant e ne munì l’esterno di estensioni offensive.»

Superato il portone, ci si trova in un’antiporta, in salita e curva per ostacolare l’uso di un ariete. Da qui si accede al portone che porta al parco interno e ai bastioni, una volta sede delle scuderie, non accessibile ai visitatori.

Oltrepassata l’antiporta si arriva al corpo di guardia, sotto il quale erano situate le prigioni, ora utilizzato come biglietteria per le visite al castello. Di fronte si trova l’ingresso principale del maniero, chiuso da un portale in legno ricostruito sul modello originale, rinforzato con chiodi di ferro e incorniciato da un doppio arco a tutto sesto e a sesto acuto.

Una volta entrati nel castello, ci si trova in un androne quadrato coperto da una volta a sesto acuto, un ulteriore elemento difensivo. Qui si aprono diverse feritoie e una botola sul soffitto, usate per attaccare eventuali invasori intrappolati all’interno. Per accedere al corpo centrale del maniero, bisogna attraversare un doppio portale: un arco a tutto sesto verso l’androne e un arco a sesto acuto verso il cortile interno, un tempo protetto da una saracinesca scorrevole tra i due portali.

Una volta attraversato il portale, ci si ritrova nel cortile interno del castello. Questo spazio quadrato consente l’accesso ai due ampi saloni situati nei lati est e ovest del maniero. L’apertura del tetto sopra il cortile garantiva una migliore illuminazione degli ambienti e permetteva la raccolta dell’acqua piovana nella grande cisterna sottostante. Il pavimento del cortile, realizzato con una leggera pendenza, convoglia l’acqua verso il centro dove si trova l’apertura della cisterna, assicurando così una preziosa riserva d’acqua in caso di assedio.

Nel cortile si erge il monumentale scalone in granito con archi rampanti, largo circa due metri, che dal cortile interno si snoda lungo le pareti dell’edificio. Scattando le fotografie, mi è parso di essere immerso in un dipinto della Relatività di Escher.

L’intero lato orientale del castello ospita una vasta sala rettangolare, sormontata da una volta a botte a tutto sesto. Questo era l’unico salone privo di riscaldamento e fungeva probabilmente da magazzino e armeria. Durante le celebrazioni del carnevale storico, viene trasformato in una sala da ballo.

Sul lato opposto si trova il grande salone occidentale, accessibile attraverso un portale e coperto da una volta, entrambi a sesto acuto. Questo salone, probabilmente utilizzato come alloggio e sala da pranzo per i soldati e il personale di servizio, era riscaldato da due monumentali camini. Era collegato alla cucina situata a sud del piano terreno tramite un passavivande e, mediante una scala, alla cucina a nord-ovest del piano superiore. Dal salone si apre una feritoia che affaccia sull’androne di ingresso. In alcuni punti affiora la roccia: il castello è infatti edificato sulla nuda roccia, e rimuovere tali affioramenti avrebbe compromesso la sua stabilità.

Raggiungiamo il primo piano, riservato ai signori del maniero. L’architrave della prima porta, incontrata salendo lo scalone, riporta un’incisione che attribuisce la costruzione del castello a Ibleto di Challant nel 1390. La porta conduce a una stanza adibita a corpo di guardia, situata sopra l’androne d’ingresso. Il pavimento della stanza presenta una botola da cui era possibile colpire i nemici sottostanti. La stanza è illuminata sul lato nord da una finestra, che offre una vista sul castello di Villa a Challand-Saint-Victor.

Da questa stanza si accede alla seconda cucina della guarnigione, un tempo collegata al salone al piano terra tramite una scala. La stanza è dotata, come quelle al piano inferiore e superiore, di una porticina che si apre sul vuoto nella parete nord del castello, probabilmente una sorta di uscita di sicurezza. La cucina include anche una dispensa a muro con un foro che sfrutta il freddo esterno per conservare meglio i cibi, e un camino sulla parete confinante con la sala da pranzo nobiliare, che funge sia da strumento di cottura sia da fonte di calore per la stanza adiacente.

Dalla cucina si entra nella sala da pranzo padronale, accessibile anche dallo scalone, situata nel lato ovest del piano. La sala era riscaldata da due grandi bracieri agli angoli e collegata tramite un passavivande alla cucina situata a sud del castello. La stanza è illuminata da bifore gotiche che affacciano all’esterno e da una quadrifora trecentesca che si apre sul cortile interno.

La cucina padronale, situata sul lato sud del piano, vanta tre grandi camini, tra cui uno di dimensioni eccezionali, originariamente utilizzato per la cottura di animali interi. La stanza è coperta da una volta a vele multiple risalente all’epoca di Renato di Challant, con al centro lo stemma e le lettere R e M, iniziali di Renato e della moglie Mencia. Questa volta è l’unica copertura originale del castello, a differenza delle altre rifatte durante i restauri del XX secolo. Il lato est della cucina è occupato da alcuni armadi a muro e da una grande dispensa ricavata nell’intercapedine del muro.

Il lato orientale del castello ospitava le camere da letto dei signori, riscaldate da imponenti camini in pietra e abbellite da soffitti a cassettoni in legno. Queste stanze disponevano di cinque latrine a muro che scaricavano all’esterno sulle rocce sottostanti.

Concludiamo la visita guidata e ci dirigiamo verso il giardino interno, dove si può ammirare il castello in tutta la sua maestosità.

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