Consacrata il 24 aprile 1612, la Cattedrale di Vigevano fu commissionata dal Duca di Milano Francesco II Sforza nel 1532. La costruzione iniziò in seguito all’annuncio di Papa Clemente VII che, nel 1530, elevò Vigevano a sede vescovile. Il progetto fu elaborato da Antonio da Lonate, che ricostruì l’edificio su una preesistente chiesa del XIV secolo, di cui fu conservata solo la parte absidale, fondata su basamenti ancor più antichi. Documenti risalenti agli anni 963 e 967 attestano l’esistenza di una basilica dedicata a Sant’Ambrogio, suggerendo che le radici della struttura originale precedano l’anno mille. Della vecchia chiesa rimangono frammenti degli archetti decorativi in stile gotico-lombardo.
Con la morte precoce di Francesco II, la costruzione proseguì grazie alle donazioni di fedeli, del Comune e dei vescovi, raggiungendo il completamento del tetto nel 1553 e la struttura grezza nel 1606, sotto la supervisione del vescovo Giorgio Odescalchi. La cattedrale fu definitivamente ultimata alla fine del XVII secolo, arricchita dalla maestosa facciata barocca disegnata da Juan Caramuel y Lobkowitz, vescovo di Vigevano dal 1673 al 1682. Caramuel, per allineare il duomo con la piazza Ducale, progettò una facciata concava e abbatté la rampa originale del castello, integrando il porticato sotto la torre del Bramante.
Questa trasformazione architettonica ridefinì lo spazio della piazza, trasformandola da ingresso del castello a nobile preludio al duomo. Il campanile della cattedrale sorge su una torre del Trecento, sopraelevata una prima volta nel 1450 e poi nel 1818 con l’aggiunta della cella campanaria attuale, coronata da merli.
La cupola fu completata nel 1716 con una copertura in rame e la sacrestia capitolare nel 1753. Durante il XIX secolo, la cattedrale fu oggetto di numerosi restauri, tra cui la realizzazione dell’altare maggiore tra il 1828 e il 1830 da parte di Alessandro Sanquirico, e la decorazione delle imponenti e luminose tre navate ad opera di artisti quali Francesco Gonin, Mauro Conconi, Vitale Sala, Cesare Ferrari e il pittore locale Giovan Battista Garberini.











Cappella di San Carlo
All’interno della Cappella di San Carlo o del Santissimo Sacramento si possono ammirare due pregevoli opere d’arte, di recente sottoposte a restauro, del rinomato artista vigevanese: il suggestivo Trittico Gusberti e una rappresentazione di San Tommaso di Canterbury, affiancato dalle sante Elena ed Agata. Inoltre, vi è l’affascinante dipinto della Madonna con Bambino, laddove si ritrovano san Bernardino, santa Chiara e il beato Cristoforo Maccasoli. Quest’opera, datata 1502 e priva di firma, proviene dall’antica chiesa conventuale della Madonna delle Grazie situata a Paragella, purtroppo distrutta nel 1805. La paternità del dipinto è attribuita a Macrino d’Alba, illustre esponente della pittura rinascimentale piemontese. Sebbene non eguagli la vivacità cromatica del polittico presente nella Certosa di Pavia, il quadro ne condivide un’affinità stilistica e compositiva che non può passare inosservata.




All’interno di una cappella situata nella navata sinistra si custodiscono le reliquie di Cristoforo Macassoli (Milano, intorno al 1415 – Vigevano, 5 marzo 1485), presbitero milanese appartenente all’Ordine dei Frati Minori. La sua venerazione in qualità di beato fu riconosciuta ufficialmente da papa Leone XIII nel 1890. Appartenente alla distinta famiglia Macassoli, Cristoforo si consacrò alla vita monastica nell’ordine dei Frati Minori Osservanti attorno ai vent’anni. Assieme a Pacifico da Cerano, fu promotore della fondazione del convento di Santa Maria delle Grazie a Vigevano, dove si spense nel 1485. Le sue spoglie riposarono nella cappella di San Bernardino all’interno del suddetto convento sino al 1810, anno in cui, a seguito della soppressione del convento per mano delle leggi napoleoniche, furono trasferite nel duomo cittadino. Il culto di Macassoli ebbe inizio nel 1503, allorché fu raffigurato al fianco di San Bernardino da Siena e della Vergine Maria su un altare maggiore di Santa Maria delle Grazie e le sue reliquie furono scoperte il 20 giugno 1588. Il 23 luglio 1890, Leone XIII consolidò ufficialmente il suo culto come beato tramite un apposito decreto. Cristoforo Macassoli viene commemorato nel martirologio romano il giorno 5 marzo.

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